Dieci anni di “nulla”, altro che emancipazione! [EDITORIALE]

Una "barzelletta" che dura da più di dieci anni e che oggi fa solo piangere

Ho assistito ad alcuni interventi dei consiglieri comunali e le risposte dei vari assessori dell’attuale giunta di governo, ho letto i commenti della gente trapanese a questi interventi, ho letto considerazioni politiche e non, su quanto sta accadendo e su quanto non è ancora accaduto e forse non accadrà mai in questa città.
C’è poco da essere tranquilli. C’è poco da essere felici. Ancora una volta, la speranza ha ceduto il posto alla rassegnazione assoluta.

Nessuna prospettiva, nessuna voglia di decidere cosa vogliamo fare da grandi, perchè non siamo capaci di crescere. Perché, parliamoci chiaro, ci piace restare piccoli, e siamo capaci, come dei mocciosi, soltanto a piangere e puntare il dito dicendo: “io non c’entro! E’ colpa sua!”.
La situazione ormai tragica, alla quale ci siamo assuefatti, riguarda tanti e variegati argomenti, svaria in importanti settori della “cosa pubblica”, coinvolge usi e costumi che ormai hanno coinvolto un’intera cittadinanza idirizzandola ad uno stato di ignavia assoluta.

“Così è se vi pare” e così resterà per sempre. E da Pirandello ad Orazio ed il suo “carpe diem” il passo è breve: cogli l’attimo, vivi il tuo presente, dimentica il passato, il futuro non esiste perchè è fatto di tanti oggi che avrai dimenticato.
E vivendo solo il TUO presente non potrai dare spazio o considerazione al presente degli ALTRI, perchè anche gli altri, non esistono. Contano solo i tuoi interessi del momento e non il benessere di chi ti vive attorno e quindi anche tuo.
In questa convinzione diffusa, finché ognuno di noi non sarà in grado di riconoscere quanto e come siano sbagliate le proprie cattive abitudini, non ci sarà nessuna educazione da poter impartire alle generazioni future.

Qualche giorno fa, vi avevo proposto in un articolo il podcast di una diretta radiofonica che realizzai nel 2014. E già dall’ascolto di quel servizio giornalistico mi resi conto di quanto oggi, in questi dieci anni e mezzo, non sia cambiato nulla e, se qualcosa è cambiato, lo ha fatto in peggio.

In questi giorni, al Consiglio Comunale di Trapani si continua a parlare di PISTA CICLABILE.
Fino a dieci anni fa, nel tessuto urbano cittadino non ne esisteva neanche una, se non quella sterrata delle “saline”.
Nel giugno 2014 venne inaugurata la prima “ciclabile” di Erice, un rettilineo che costeggia il lungomare di San Giuliano e su TrapaniSì.it, cosciente di raccontare cose incomprensibili per i trapanesi di 10 anni fa, scrissi un articolo, si intitolava PEDALO… ERGO SUM! (trad. “pedalo… quindi esisto”).
Rileggendolo oggi, sembra più che mai una barzelletta! solo che non c’è nulla da ridere, c’è solo da piangere.

Ecco il testo di quell’articolo:
Erice, giugno 2014.
Hai voluto la bicicletta?… e mò pedala! Sì, ma dove? Sì ma come?… dalle nostre parti rispondere è molto difficile. Forse l’unica risposta certa un trapanese potrebbe darsela alla domanda: “perché?”.
“Perché al giorno d’oggi in una società civile, per spostarsi in città si dovrebbe usare quasi esclusivamente la bicicletta?”.
Questa è una domanda che a me sembra troppo ovvia per approfondirne le risposte.
Ci si guadagna in salute, non si inquina, e poi in questo periodo di crisi, si risparmia in carburante, contravvenzioni, parcheggi e, anche se a molti può sembrare paradossale, si hanno enormi vantaggi e benefici pure nell’utilizzo sensato e cosciente del proprio tempo.

Non voglio parlarvi di traffico, o di viabilità, o della prepotenza stupida di chi si sente padrone della strada, non voglio parlarvi neanche di educazione o di inciviltà diffusa, ma voglio soltanto proporre a tutti voi un punto di vista alternativo: quello del ciclista “ostinato” quale io sono! Adesso finalmente posso farlo con una convinzione in più, quella che in questa città, unica al mondo per la forma del suo territorio, per il suo clima, bellezza, storia e cultura, la figura del CICLISTA è stata finalmente riconosciuta dalle pubbliche amministrazioni.

Ora, finalmente esiste una “PISTA CICLABILE”, ora finalmente i ciclisti non sono più abusivi utenti delle strade cittadine, non sono più invasori prepotenti ed incoscienti di zone pedonali e marciapiedi, non sono più conquistatori di pali e ringhiere dove attaccare le loro biciclette. Ora finalmente, i ciclisti possono dire: “Pedalo… ergo sum!” lasciando il “cogito” a tutti coloro che li hanno sempre ignorati o che addirittura continuano ad odiarli ritenendoli una costante minaccia per l’incolumità… della carrozzeria delle loro autovetture! Certamente costoro saranno i primi a considerare la pista ciclabile come una sorta di “riserva indiana”: “Lì devono stare e guai se mettono ruota fuori dalla loro corsia!”, così come sono stati i primi a criticare la scelta di aver dovuto sacrificare alla ciclistica causa qualche decina di posti macchina “extra lusso vista mare”. Tempo al tempo, prima o poi si ricrederanno, almeno spero! Nel frattempo io continuerò ad andare in bicicletta ed a raccontare a chiunque la mia autentica emancipazione sociale che, pedalata dopo pedalata, ha rivoluzionato la mia vita.

Ho iniziato a prendere coscienza che le “due ruote” sono sinonimo di libertà assoluta, dopo aver girato mezza Europa in motocicletta. Durante il mio epico viaggio del 2009 da Capo Passero a Capo Nord, visitando le metropoli nordeuropee così come viaggiando lungo le statali tedesche, danesi, svedesi e norvegesi, ho visto città e strade a misura d’uomo.
E quell’UOMO non andava in SUV, e neanche in utilitaria o a cavallo, andava in bicicletta.

Restare in sella ad una moto, imbottigliato nel traffico od anche fermo al semaforo e vedersi sorpassare dai ciclisti, a volte anziani con una mano sul manubrio e nell’altra un ombrello per ripararsi dalla pioggia, felici di pedalare sulle loro piste ciclabili, credetemi, qualche dubbio te lo fa nascere.
Poi torni a Trapani con nuove convinzioni nate da esperienze estere, e se da un lato ti senti orgoglioso che una città bella come la tua ancora non l’hai visitata, dall’altro ti senti avvilito dal fatto che tanta bellezza non te la puoi godere se non incorniciata dal parabrezza di una stupida autovettura.

La mia ostinazione in ogni modo è stata più forte, da anni al mare io ed i miei cari, ci andiamo in bicicletta. Lo so, è pericoloso lo slalom tra vetture parcheggiate in doppia fila o che normalmente escono dalla “spina di pesce” ad “orecchio”, ovvero quando sentono il botto, si fermano! Ma fino ad oggi, fortunatamente e prudentemente, m’è andata bene. Ora che finalmente a delimitare uno dei più bei lungomare d’Europa c’è un marciapiede bonificato da pali e segnaletica stradale, ed a fianco una pista ciclabile che mi piace definire “monumentale” sia per la sua fattura quasi faraonica, sia per la simbologia che, in quanto prima ed unica, di fatto ha assunto in questo territorio, probabilmente siamo pronti al prossimo passo: quello di “aprire gli occhi” ed iniziare a porci qualche domanda.
Perché in una città ad “imbuto” e così difficile da gestire in termini di viabilità pubblica poiché tutte le strade sono piene di macchine, gli unici che vanno in bicicletta sono i forestieri, a prescindere se siano turisti od immigrati?
Sarà perché sono più intelligenti di noi? Sarà perché l’hanno capito prima di noi? Sarà perché vogliono godersela tutta questa bellezza, con l’aria di mare sulla faccia piuttosto che con l’aria condizionata “a palla” ed i finestrini chiusi?
O sarà perché, al contrario di molti trapanesi, questi forestieri hanno coraggiosamente fatto una scelta: tornare LIBERI!

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